Maternità: al lavoro fino al 9° mese, rischi e benefici
È operativa la norma della Legge di Bilancio 2019 che consente alle lavoratrici in gravidanza di restare al lavoro fino al nono mese, posticipando tutti i cinque mesi di congedo obbligatorio a dopo il parto. Una piccola rivoluzione nella direzione di una maggiore flessibilità nel conciliare vita e lavoro, ma la scelta delle future mamme è vincolata al parere medico.
Ad illustrare la nuova disciplina, in un articolo pubblicato su “Corriere Salute” dello scorso 18 luglio, è Massimo Braghin, esperto della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro: “Ora – spiega -, quando si fa la domanda per ottenere il congedo obbligatorio, si può barrare l’opzione ‘Domanda contribuzione esclusiva dopo il parto’”. La domanda, da inviare all’Inps due mesi prima della data presunta del parto, deve essere corredata di due certificati prodotti in originale: quello del ginecologo convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, che attesta il buono stato di salute di mamma e nascituro, e quello del medico aziendale che certifica l’assenza di problematiche nell’ambiente di lavoro. La pratica va poi completata con il certificato di nascita, da inviare all’Inps entro 30 giorni dal parto. “Se però durante il periodo di flessibilità dovesse presentarsi una qualsiasi alterazione dello stato di salute – sottolinea Braghin -, la lavoratrice non entra in malattia bensì direttamente in congedo di maternità. Le aziende hanno la responsabilità penale della donna e del suo bambino”.